Divieto in plastica monouso: cosa cambia
Recentemente, è entrata in vigore in Italia la normativa 2019/904, o meglio conosciuta come “Direttiva SUP” (Single Use Plastics), che mira prima alla prevenzione e poi alla riduzione dell’impatto sull’ ambiente che hanno determinati, e parecchi tipi di plastica. La direttiva, a livello europeo prevede una riduzione della produzione e dell’utilizzo della plastica entro il 2026, e in particolar modo, laddove possibile, prevede il divieto totale dei prodotti in plastica monouso.
Il decreto sulla plastica monouso è entrato ufficialmente in vigore il 14 gennaio 2022, ed è atto a favorire principalmente l’ambiente acquatico, attraverso non solo la riduzione dei prodotti in plastica, ma anche l’obbligo per le aziende dell’utilizzo di materiali innovativi, fondamentali per la sostenibilità dell’ambiente.
Ma cosa si intende per plastica monouso?
Secondo la direttiva che riguarda la plastica monouso, sono da considerare prodotti monouso tutti quelli che sono realizzati interamente o anche solo parzialmente in plastica, e la cui funzione non si presta all’utilizzo continuo o ripetuto o che non può essere riutilizzato dallo stesso produttore.
Ma cosa non si intende per plastica monouso?
I prodotti in plastica esclusi da questa direttiva sono principalmente :
- contenitori di prodotti per alimenti freddi
- contenitori di prodotti per alimenti che non siano monoporzione
- contenitori di prodotti per alimenti secchi
Secondo la direttiva sulla plastica monouso è vietata anche la produzione e l’assemblaggio della Plastica oxo-degradabile.
Questo tipo di plastica contiene additivi che attraverso l’ossidazione comportano la frammentazione della materia plastica in micro frammenti, che sono quindi particolarmente nocivi non solo per l’ambiente e il riscaldamento globale, ma in particolar modo per il mare.
Direttiva divieto plastica monouso: cosa dice la legge
Il decreto legislativo consente alle società appaltanti, private e pubbliche, l’utilizzo di materie prime, prodotti macchinari e processi atti a fornire prodotti per lo più riutilizzabili e certificabili, come incentivo per l’economia sostenibile. L’obbiettivo fondamentale è quello di ridurre a minimo l’impatto ambientale per lo spreco di plastica.
Per promuovere l’acquisto di materiali innovativi viene riconosciuto un credito d’imposta alle aziende appaltanti, per un totale di 3 milioni di euro dal 2022 al 2024 incluso.
Il credito d’imposta però viene riconosciuto fino a un massimo di 10000 euro per ogni azienda, ad esclusione dell’imposta regionale sulle attività produttive. Il credito inoltre verrà calcolato in misura massima del 20% delle spese annuali.
Infine, la Legge Europea impone a ciascun governo di introdurre, una sanzione disciplinare per le violazioni dei divieti.
La polemica in Italia sulla direttiva
In Italia non sono certamente mancate le polemiche in merito alla direttiva sulla plastica monouso.
Si stima infatti che il giro d’affari sulla distribuzione della plastica in Italia è pari quasi a 30 miliardi di euro l’anno, consentendo così il lavoro a migliaia di persone su tutto il nostro territorio nazionale.
Confindustria infatti si è espressa negativamente in merito al divieto imposto dalla comunità europea. Secondo i dati riportati infatti ci sarebbe una scarsità di materie prime reperibili che non siano esclusivamente biodegradabili, e che sarebbero dunque necessarie per il sostentamento delle tecnologie innovative.
Ma cosa si intende per materiali biodegradabili?
Partiamo con il dire che la polemica principale che è stata mossa in Italia, parte dalla lamentela che la normativa escluda dal bando alcuni prodotti composti per almeno il 40% (per i primi due anni) o il 60% (dal 2024) di materiale biodegradabile e compostabile. Sia il materiale biodegradabile che compostabile sono due tipi diversi di plastiche, che negli anni sono state introdotte affiancando la classica plastica oxo-degradabile ( la quale crea un forte inquinamento nelle acque e nel terreno ).
Per plastiche biodegradabili quindi di intende tutto quel materiale che può e deve essere scomposto attraverso l’acqua, luce o gas naturali, entro 6 mesi e fino al 90% della loro composizione. Per materiale compostabile invece si intende quel materiale che è biodegradabile, ma può essere trasformato in compost entro 3 mesi!
L’Italia infatti essendo un Paese leader nell’ industria del packaging per le plastiche biodegradabili, soffrirà sicuramente una forte diminuzione della produzione in questo settore, che non potrà più utilizzare molti materiali poiché molte plastiche non sono riciclabili.
Tuttavia, qualora non fosse possibile l’utilizzo di plastiche riutilizzabili, recentemente è stato rilasciato il via libera per l’utilizzo di plastiche biodegradabili e compostabili, e questo sicuramente per il nostro paese rappresenta un sospiro di sollievo per la produzione di compost, essendone ormai leader del settore da molti anni. Legambiente in particolare si è battuta molto per evitare di mettere l’Italia in una posizione eccessivamente scomoda, cercando quindi così di calmare le acque.